Qui di seguito pubblichiamo molto volentieri il sunto della tesi di Jacopo Francesco Foroni, laureando in Farmacia all’Università di Modena e Reggio Emilia.
Il presente lavoro di tesi intende focalizzare l’attenzione sulla capacità dei cannabinoidi di indurre morte in cellule tumorali e sui percorsi biochimici impiegati. L’utilizzo della cannabis in ambito terapeutico è conosciuto fin dall’antichità e per lungo tempo è stata utilizzata senza una regolamentazione fino a quando, nei primi anni del 1900, è stata proibita, adducendo teorie colorite e non scientifiche, nella maggior parte degli Stati.
Negli ultimi anni la ricerca si è concentrata sull’utilizzo in ambito terapeutico e sugli aspetti tossicologici di questa pianta, permettendo l’individuazione di un collegamento tra la terapia antitumorale e i cannabinoidi. I tumori, che sono normalmente trattati con farmaci antineoplastici, stimolano nel nostro organismo l’inibizione dei meccanismi di difesa, quali apoptosi e autofagia, i quali sono potenziati dai cannabinoidi. Gli aspetti farmacocinetici, metabolici e tossicologici sono di fondamentale importanza per la valutazione del rapporto rischi/benefici in quanto i cannabinoidi sono ad oggi, grazie alla Fini-Giovanardi sostanze classificate come stupefacenti al pari dell’eroina.
La cannabis sativa, pianta erbacea annua dioica, contiene diverse sostanze che possono essere classificate in due gruppi: i fitocannabinoidi,composti terpenofenolici, tra i quali quelli dotati di maggior attività sono CBN, CBD e Δ9THC e composti non cannabinoidi. I cannabinoidi si legano con determinati recettori presenti sulla membrana cellulare quali i CB1 e CB2,accoppiati alla proteina G, i GPR55, detti recettori orfani e i TPRV1, recettori vaniloidi, che una volta attivati, permettono la trasduzione del segnale all’interno della cellula tramite l’attivazione/inattivazione di determinati percorsi cellulari e la regolazione dell’apertura dei canali ionici. Questi recettori fanno parte del sistema endocannabinoide e interagiscono con dei mediatori chimici detti endocannabinoidi, cinque etanolamidi tra le quali le più importanti sono l’anandamide e il 2-AG, che possono stimolare varie risposte nei diversi organi dell’organismo. Sulla base delle proprietà tossicologiche dei cannabinoidi sono stati individuati due distinti percorsi di induzione di morte cellulare, l’autofagia e l’apoptosi.
Essi possono essere attivati, tramite i recettori cannabinoidi e la trasduzione di medesimi segnali all’interno della cellula, sia separatamente sia contemporaneamente influenzandosi a vicenda. E’ stato riscontrato che l’apoptosi sia indotta, sotto stimolo dei recettori CB, GPR55 e raft lipidici,da particolari segnali, che influenzano la fosforilazione dell’AKT, con il coinvolgimento dell’asse PI3K/AKT/mTOR, la MAPK, bax/bcl-2 e diverse caspasi, che sono regolate da ERK. L’autofagia è indotta dai recettori CB e GPR55, tramite l’inibizione di mTORC1, un enzima fondamentale nella proliferazione cellulare. Esso è inibito sia grazie all’attivazione delle proteine dello stress p8 e TRB3, i quali livelli aumentano grazie all’attivazione dell’ER stress, sia grazie all’inibizione di AKT, ad opera di TRB3 e dell’asse PI3K/AKT. Si sono poi analizzati i percorsi in comune dell’apoptosi e dell’autofagia , andando a individuare i mediatori cellulari fondamentali quali ceramide , attivato dai recettori CB e dai raft lipidici, ROS , attivato dai recettori CB e TRPV, e ER stress attivato da tutti e tre i recettori menzionati in precedenza. I meccanismi analizzati giustificano le evidenze sperimentali secondo le quali i cannabinoidi producono un aumento dell’attività autofagica e apoptotica e che quindi permettono una maggiore efficacia nel trattamento antitumorale, in sinergia con alcuni farmaci antineoplastici(gemcitabina, temozolomide, 5-fluorouracile) e con TRAIL.
In conclusione è evidente il potenziale antitumorale dei cannabinoidi che viene esplicato tramite l’attivazione dei processi apoptotici e autofagici che si traduce con un aumento dell’induzione di morte nelle cellule tumorali e con la riduzione dei tumori in vivo e in vitro. In più i cannabinoidi sono in grado di attenuare sia gli effetti collaterali dei farmaci utilizzati in terapia antineoplastica, sia i sintomi tipici della patologia neoplastica. I limiti principali di un possibile uso terapeutico sono legati all’attività psicoattiva, alla induzione di morte cellulare di tessuto neuronale in consumatori cronici (in consumatori occasionali non è presente frammentazione del DNA) e al fatto che la sperimentazione su esseri umani è ancora in fase iniziale. La sfida attuale consiste nell’ottenere gli effetti terapeutici eliminando quelli psicoattivi e nel creare varietà con un determinato contenuto di cannabinoidi.
Autore: Jacopo Francesco Foroni, laureando in Farmacia presso l’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia