José Mujica fino a poco fa conosciuto come il presidente povero, nullatenente per il fisco, senza scorta né conto in banca e che vive con 800 euro al mese, ha vinto la sfida che aveva lanciato a livello planetario per legalizzare la cannabis: sarà venduta da quest’anno dallo Stato al prezzo di un euro al grammo nelle farmacie del Paese sia a scopo ricreativo, sia terapeutico. Una vittoria che come un domino ha messo in funzione vari meccanismi a livello globale, non da ultimo riguardo al futuro della ricerca scientifica sulla cannabis in medicina.
Alcuni laboratori stranieri si sono infatti messi in contatto col governo dell’Uruguay in merito alla futura produzione di marijuana nel Paese, al fine di acquistare cannabis per uso medico. Secondo il quotidiano locale El Observador, impresari canadesi hanno contattato politici uruguayani e organizzazioni sociali per presentare loro i propri progetti per acquistare cannabis, mentre la Junta Nacional de Drogas (JND) ha avuto contatti con laboratori di Israele e del Cile.
In Canada, dopo aver legalizzato la marijuana per i malati terminali nel 2001 permettendo loro di crescere e fumare la propria erba, il ministero della Salute ha ha annunciato modifiche al sistema all’inizio di quest’anno, rendendo illegale per chiunque la coltivazione e dando l’autorizzazione per la produzione solo a società private. Oltre alle polemiche nate nel Paese sul diritto di cura per i pazienti, un altro problema è rappresentato dall’approvvigionamento di cannabis. Ci sono attualmente più di 37mila consumatori di marijuana medica nel Paese e le proiezioni indicano che i pazienti saranno più di 430mila entro il 2024. Ad aprile, quando entrerà in vigore la nuova legge, la marijuana medica avrà una fetta di mercato di circa 1 miliardo di dollari e secondo la Reuters il Canada avrà un deficit di circa 100mila kg di marijuana medica. Un disavanzo che, secondo Ron Marzel, avvocato di Toronto per l’ industria della cannabis canadese, potrebbe essere coperto proprio dall’Uruguay: “Sono ottimista e fiducioso sul fatto che l’Uruguay possa essere in grado di produrre a basso costo cannabis medica di alta qualità per l’esportazione in Canada”, ha detto Marzel.
Anche se attualmente questa rimane ancora un’ipotesi, visto che non avrebbe molto senso impedire ai pazienti di coltivare la propria medicina per poi acquistarla da un Paese straniero. Comunque i contatti sono stati confermati. “In effetti, ci hanno contattato per potersi installare in Uruguay, situazione che implica una grande sfida”, ha raccontato il segretario della presidenza, Diego Canepa, confermando gli interessi dei laboratori internazionali. “Pur se non era un obiettivo della legge – ha continuato – l’Uruguay si trasforma in un polo di biotecnologia. E’ un’area di enorme ambito perché è in pieno sviluppo, situazione che porta ad approfondire le proprietà medicinali dei cannabinoidi”.
E anche in Giamaica, Paese che culturalmente viene associato alla marijuana, ma nel quale – al contrario di quello che erroneamente si crede – non è legale, le cose stanno cambiando. Dopo la fondazione del primo istituto che studierà le possibili applicazioni della cannabis e dei sui princìpi attivi in medicina, è nata anche Medicanja, la prima azienda del Paese che si dedicherà alla cannabis terapeutica, studiando e commercializzando farmaci per i pazienti.
Redazione Cannabisterapeutica.info