Il CBD e gli effetti neuroprotettivi sul cervello

Il CBD e gli effetti neuroprotettivi sul cervello

Le evidenze della ricerca scientifica

Gli effetti del CBD sul cervello e le sue potenzialità nella neuroprotezione sono uno dei campi di applicazione del cannabinoide al centro dell'attuale ricerca scientifica. 

Secondo recenti studi, infatti, il canabidiolo sarebbe in grado di prevenire l’invecchiamento delle cellule cerebrali e proteggere il cervello dalle condizioni neurodegenerative legate all’età o a patologie come Parkinson e Alzheimer. 

Il cannabidiolo sarebbe in grado di proteggere le cellule cerebrali da danni, degenerazione o malfunzionamento grazie ai diversi effetti che esercita sui neuroni come antinfiammatorio e riducendo la produzione di radicali liberi. 

CBD come neuroprotettore: gli ultimi studi scientifici

Se negli ultimi anni la ricerca scientifica in questo campo sta crescendo, bisoga partire dal fatto che il primo studio a citare gli effetti neuroprotettivi del CBD risale al 1998, quando vennero utilizzate colture primarie di neuroni corticali esposti a concentrazioni tossiche del neurotrasmettitore glutammato per 10 minuti, scoprendo che il CBD preveniva sia la neurotossicità che la morte cellulare indotta dallo stress ossidativo.

Riduce la neurotossicità

Due recenti studi scientifici in materia, che hanno studiato il cannabinoide in relazione al suo potenziale per trattare il morbo di Parkison, sono arrivati ad una conclusione molto simile, e cioè che il CBD agisce come neuroprotettore nei neuroni, riducendo la neurotossicità.

"I nostri risultati forniscono collettivamente nuove prove che il CBD agisce come neuroprotettore nei neuroni dopaminergici, riducendo la neurotossicità e l’accumulo di α-sinucleina (una proteina che gioca un ruolo fondamentale nella comparsa e nella progressione di alcune malattie neurodegenerative)", scrivono i ricercatori in una pubblicazione su Neurochemical Research.

"Le prove bibliografiche mostrate nella presente revisione suggeriscono l'utilità clinica del CBD per il trattamento sia delle discinesie da L-DOPA che dei sintomi motori del Parkinson, nonché degli effetti neuromodulatori, neuroprotettivi e antidiscinetici del CBD nei modelli animali", mettono nero su bianco i ricercatori in una review pubblicata su Frontiers in Pharmacology.

Le potenzialità del CBD come neuroprotettore sono al centro anche di uno studio scientifico pubblicato su Translational Psychatry nel 2018.  

"Nel presente studio", spiegano infatti i ricercatori, "abbiamo studiato gli effetti del sovraccarico di ferro neonatale su proteine coinvolte in percorsi apoptotici nell'ippocampo di ratti adulti, nel tentativo di stabilire il ruolo dell'eccesso di ferro nella morte cellulare nel sistema nervoso, che porta alla disfunzione della memoria". Il cannabidiolo (CBD) è stato esaminato come potenziale farmaco per invertire gli effetti indotti dal ferro sui parametri analizzati.

Secondo i risultati dello studio: "Il CBD ha invertito gli effetti indotti dal ferro, recuperando le proteine apoptotiche (che causano la morte cellulare del sistema nervoso, ndr) Caspase 9, APAF1, Caspase 3 e PARP clivato ai livelli trovati nei controlli. Questi risultati suggeriscono che il ferro può innescare percorsi di morte cellulare e l'inversione degli effetti notati con la somministrazione di CBD indica che questo composto ha un potenziale neuroprotettivo attraverso la sua azione anti-apoptotica".

Effetti antinfiammatori

Il CBD protegge il sistema nervoso grazie alla sua potente azione antinfiammatoria, poiché una delle caratteristiche più comuni delle condizioni neurologiche è l'infiammazione cronica. Il CBD riduce l'infiammazione nel corpo diminuendo la risposta immunitaria locale, avendo un'azione antiossidante e rallentando il rilascio di citochine proinfiammatorie che perpetuano il processo infiammatorio.

Studi scientifici hanno inoltre dimostrato che il CBD protegge le cellule cerebrali dall’apoptosi o dalla morte cellulare dovuta all’infiammazione, riducendo lo stress cellulare.

Contrasta i radicali liberi

I radicali liberi sono degli agenti ossidanti che si creano normalmente durante i processi cellulari all'interno dei nostri tessuti. Il CBD ha la capacità di interrompere l'azione dei radicali liberi catturandoli o trasformandoli in radicali meno dannosi, come ben spiegato in questa revisione del 2020 e può addirittura ridurne la produzione come suggerito da uno studio del 2007 o da un altro del 2022.  

Il CBD in terapia

Diversi studi suggeriscono che, grazie alla sua azione antinfiammatoria e antiossidante, il CBD potrebbe avere effetti benefici nelle malattie neurodegenerative come l'Alzheimer, il morbo di Parkinson, la malattia di Huntington e la sclerosi multipla.

Una terapia a base di CBD come audiuvante potrebbe infatti rallentare la progressione di patologie neurodegenerative, agendo allo stesso tempo sulla qualità di vita del paziente limitando dolore e spasmi, ma agendo anche sull'umore, il che rappresenta un'opportunità per fornire sollievo anche ai disturbi psichiatrici.

Gli altri cannabinoidi con effetti protettivi per il cervello

Il CBD non è però l'unico cannabinoide ad avere queste proprietà.  Un recente studio del Salk Institute for Biological Studies, in California, ha analizzato la relazione tra CBN (cannabinolo) e cervello e, in particolare, la capacità del cannabinoide di proteggere le cellule cerebrali dai processi ossidativi che le portano al deperimento; processi che nelle persone anziane portano a disturbi neurologici degenerativi come l'Alzheimer.

Il CBN sembra agire preservando e proteggendo il funzionamento dei mitocondri, impedendo loro di danneggiarsi. “Il cannabinolo protegge i neuroni da stress ossidativo e morte cellulare, due dei principali fattori che contribuiscono alla malattia di Alzheimer”, ha affermato Pamela Maher, che ha guidato lo studio pubblicato su Free Radical Biology and Medicine. “Questa scoperta potrebbe un giorno portare allo sviluppo di nuove terapie per curare questa malattia e altri disturbi neurodegenerativi, come la malattia di Parkinson”.

E anche il THC, se somministrato a basse dosi, sembra avere potenzialità simili. 

Secondo uno studio pubblicato su Nature nel 2017 un campione di topi anziani che ha ricevuto una bassa dose di THC avrebbero mostrato funzioni cognitive paragonabili a quelle dei giovani di soli due mesi. 

Ma non è la prima volta che il concetto di neuroprotezione viene associato al THC. Secondo quando scoperto dai ricercatori israeliani dell’Università di Tel Aviv, sembra che una bassa concentrazione di THC sia in grado di proteggere il cervello dai danni causati da lesioni, convulsioni e ipossia (mancanza di ossigeno, ndr). Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Behavioural Brain Research and Experimental Brain Research, infatti, mette in evidenza come dosi minime di questa sostanza, possano avere un ottimo effetto sulle cellule cerebrali, preservando così nel tempo le varie funzioni cognitive.

20 novembre 2023
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