Il CBD, in uno studio su cavie animali e uno su cellule in vitro, si è rivelato utile nel trattare due delle forme più aggressive di tumore: il cancro al cervello (glioblastoma) e cancro al seno. Ecco di due studi nel dettaglio.
Il CBD contro il glioblastoma
Il glioblastoma (GBM) è il più comune e il più invasivo tra i tumori cerebrali e, secondo i dati condivisi durante il Congresso Nazionale Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), in Italia nel 2019 ha rappresentato ben il 54% di tutti i casi di tumori maligni del sistema nervoso centrale; benché possa insorgere a tutte le età, è stato diagnosticato nel 70% dei casi in pazienti tra i 45 e i 70 anni.
Data l’inefficacia delle attuali terapie standard nella gestione dei pazienti con glioblastoma (chirurgia, radioterapia e chemioterapia concomitante), secondo la ricerca è ora necessario trovare e sviluppare nuove modalità di trattamento per ridurre il tasso di letalità del GBM. Tra le proposte più recenti c’è quella di intervenire sul microambiente tumorale (TME) — che tra le componenti principali vede anche i fattori immunitari — e sulla sua interazione con le cellule cancerose: un binomio, questo, che svolge un ruolo importante nello sviluppo e nella progressione del tumore stesso.
È da queste basi che è nata la ricerca condotta da un team internazionale e pubblicata a dicembre 2021 con il titolo Inhalant Cannabidiol Inhibits Glioblastoma Progression Through Regulation of Tumor Microenvironment. Secondo i ricercatori coinvolti, l’intervento diretto sul TME e l’alterazione dell’ecosistema tumorale potrebbero trasformarsi in una strategia terapeutica praticabile e con effetti benefici per i pazienti affetti da glioblastoma.
“Dati i potenziali effetti terapeutici del cannabidiolo (CBD) in un ampio spettro di malattie, comprese le neoplasie, per la prima volta abbiamo testato il CBD inalato come inibitore della crescita del tumore GBM, il tutto utilizzando un modello murino ortotopico ben consolidato”, hanno spiegato i ricercatori. “L'imaging ottico, l'istologia, l'immunoistochimica e la citometria a flusso sono stati impiegati per descrivere i risultati legati alla progressione del tumore, alle vie di segnalazione delle cellule tumorali e al TME”.
I risultati dello studio sul potenziale terapeutico del CBD contro il glioblastoma
Dai risultati dello studio è emerso che l’inalazione del CBD è stata in grado non solo di limitare la crescita del glioblastoma, ma anche di alterare la dinamica del microambiente tumorale reprimendo la P-selectina — proteina coinvolta nel processo di infiammazione —, l’ormone naturale apelina e l’interleuchina 8, una proteina secreta dalle cellule del sistema immunitario. Inoltre, da quanto è emerso dallo studio, il CBD ha migliorato anche l'espressione del cluster di differenziazione (CD) 103, indicando da una parte una migliore prestazione dell'antigene e dall’altra l’incentivo delle risposte immunitarie oltre che una presenza ridotta delle cellule linfoidi innate all'interno del tumore.
“Nel complesso, i nostri risultati supportano il possibile ruolo terapeutico del CBD per via inalatoria come coadiuvante del trattamento efficace, relativamente sicuro e facile da somministrare per GBM”, hanno concluso i ricercatori. Ora saranno necessarie ulteriori ricerche sul tema.
I risultati dello studio, insieme a quelli del progetto tutto italiano sul ruolo del sistema cannabinoide nelle interazioni fra cellule neoplastiche e Macrofagi-tumore associati (TAM), potrebbero quindi aprire a una nuova panoramica e a nuove opportunità per la cura e il trattamento del glioblastoma.
Il CBD contro il cancro al seno
Secondo i dati diffusi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, alla fine del 2020 erano 7.8 milioni le donne in tutto il mondo che convivevano con una diagnosi di cancro al seno ricevuta tra il 2015 e il 2020. Nello stesso anno, invece, le nuove diagnosi sono state oltre 2.3 milioni, mentre i decessi hanno raggiunto i 685.000 casi. Sono questi numeri a rendere il carcinoma della mammella femminile la forma di tumore maligno più diffusa al mondo.
A confermarlo è anche la situazione italiana. Secondo i dati condivisi dal Ministero della Salute nel suo report “I numeri del cancro in Italia 2021”, infatti, nel 2020 sono state stimate circa 55.000 nuove diagnosi, mentre nel 2021 sono stati stimati 12.500 decessi.
In questo contesto, la ricerca non si ferma e sono sempre di più i gruppi di ricercatori che accendono i riflettori su terapie alternative a quelle tradizionali. È il caso di un team coreano che, con questo scopo, ha analizzato il potenziale ruolo del CBD nel trattamento del carcinoma alla mammella. Lo studio, intitolato Cannabidiol Suppresses Angiogenesis and Stemness of Breast Cancer Cells by Downregulation of Hypoxia-Inducible Factors-1α, si è focalizzato in particolare sui possibili effetti del cannabidiolo sull'angiogenesi — lo sviluppo di nuovi vasi sanguigni che vanno ad alimentare i tessuti, in questo caso, tumorali — e la staminalità delle cellule del cancro al seno.
Il CBD per combattere il cancro al seno: i risultati dello studio
Durante lo studio, in particolare, i ricercatori hanno diminuito l’espressione del fattore-1α indotto dall'ipossia (HIF-1α) attraverso l’interazione con la proteina oncosoppressore Src/von Hippel-Lindau (VHL).
Al termine della ricerca è emerso che il CBD ha la capacità di inibire da una parte l’attività di angiogenesi e dall’altra le proprietà simili a quelle delle cellule staminali tipiche del cancro (attraverso la segnalazione Src/VHL/HIF-1α). Sembra, quindi, che il cannabidiolo sia in grado di rallentare la crescita e la diffusione del tumore mammario. “Sono necessari ulteriori studi per dimostrare il potenziale del CBD come trattamento per il cancro al seno refrattario o ricorrente e per il cancro al seno primario”, hanno però concluso i ricercatori.
Martina Sgorlon
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