Che fine ha fatto la cannabis di Stato?

Che fine ha fatto la cannabis di Stato?

Analisi degli ostacoli nella produzione e distribuzione di cannabis terapeutica in Italia

Nel 2015 il decreto dell’allora ministro della Salute Beatrice Lorenzin, mise nero su bianco la nascita della prima produzione di cannabis terapeutica italiana, affidata allo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze, già dedito alla produzione di farmaci orfani.

Sono passati ormai 8 anni e se da un lato la produzione italiana non è mai decollata, con diversi Paesi europei che sono partiti dopo di noi e hanno raggiunto risultati più efficaci – come Germania, Portogallo e Grecia – dall’altro l’ultima notizia trapelata dallo Stabilimento risale ad aprile 2023, quando fu annunciato uno stop temporaneo della produzione.  

Nell’idea iniziale, come scritto nel decreto, lo scopo della produzione era quello di sopperire alle continue carenze di infiorescenze sul mercato italiano, che negli anni hanno portato i pazienti a lamentarsi a più riprese riguardo l’impossibilità di dare continuità ai propri piani terapeutici, minando il diritto alla salute sancito dalla Costituzione. 

La produzione di cannabis in Italia

Il problema di fondo è che la produzione non hai mai raggiunto i livelli ipotizzati nelle varie fasi, nonostante i finanziamenti pubblici ricevuti. Negli anni quindi il ruolo dello stabilimento è cambiato, portandolo – accanto alla produzione vera e propria che si è mantenuta esigua – a diventare un distributore di cannabis che si aggiunge alle 5 aziende che in Italia si occupano già di fare questo lavoro. 

Era una caratteristica già prevista dal decreto, in cui venne scritto che qualora non si fosse verificata la capacità di produzione ai regimi immaginati, ci sarebbe stata la possibilità di poter bandire delle gare per ottenere cannabis di altri produttori. 

Ma il fatto è che, con il continuare dei problemi a livello produttivo, l’attività di importatore dello stabilimento è diventata la norma, portando diversi problemi al mercato interno della cannabis medica, tra i quali il più importante riguarda la differenza di genetiche importate, dovuta al fatto che i bandi vengono spesso vinti da aziende diverse; questo comporta un problema a medici e pazienti riguardo la continuità terapeutica. Mantenere uno standard di prodotto infatti è fondamentale sia per il medico che prescrive, sia per il paziente che riceve le cure. 

L’altro problema riguarda le tempistiche dei bandi, che spesso si dilatano creando dei buchi tra una fornitura e l’altra. L’esempio lampante è quello che riguarda l’ultimo bando da 630 chilogrammi di infiorescenze ad alto contenuto di CBD e alto contenuto di THC. Se l’è aggiudicato l’azienda Linneo Health nel febbraio del 2023, ma i primi lotti allo Stabilimento di Firenze sono arrivati a fine ottobre.

La distribuzione di cannabis in Italia

I dati sulla distribuzione della cannabis in Italia vengono comunicati ogni anno sul sito del ministero della Salute. Da un rapido sguardo sui dati aggiornati al 2022, si nota immediatamente come lo stabilimento di Firenze l’anno scorso abbia distribuito meno cannabis (235 chili) rispetto al 2021 (277 chili), tornando più o meno sui livelli del 2020 (241 chili).  

Tabella Consumo nazionale di cannabis dal 2014 al 2022

Non solo, perché nel 2022 lo stabilimento ha distribuito 200 kg di cannabis del bando effettuato, rendendo evidente che la distribuzione della cannabis prodotta in loco si sia limitata a 35 kg. Altro dato che salta all’occhio è che l’importazione diretta delle ASL (327 chili) supera in volume quella distribuita da Firenze. Il paradosso è che la produzione era nata anche per limitare questa procedura, che è molto complessa a livello burocratico. 

I restanti 997 chilogrammi distribuiti l’anno scorso, sono invece quelli importati dai 5 distributori italiani che sono obbligati, senza una chiara ragione normativa, a rifornirsi dal ministero della Salute olandese, che a sua volta acquista la cannabis dal produttore Bedrocan. 

Ed è qui che nasce l’ennesimo paradosso italiano: le aziende private italiane sono obbligate dal ministero della Salute ad acquistare da un unico produttore in Olanda, che rifornendo anche altri Paesi europei ha spesso quantitativi contingentati per l’esportazione, mentre lo stesso stabilimento – oltre che lavorare a tutti gli effetti come distributore in concorrenza con le aziende private – ha il vantaggio di fare bandi diretti anche ad altre aziende. 

Aprire alle importazioni di nuove infiorescenze per il bene dei pazienti

Per risolvere il problema basterebbe permettere anche agli importatori di rivolgersi ad altri produttori, naturalmente a patto che le infiorescenze rispettino i parametri di produzione in GMP con i corretti processi qualitativi. 

Tilray, tra i maggiori produttori a livello globale di cannabis medica, con la sua sussidiaria italiana FL Group importa e vende già sul mercato italiano oli industriali a base di cannabis terapeutica, ed essendo una struttura integrata verticalmente nella catena di approvvigionamento, potrebbe facilmente fornire anche le infiorescenze mettendo la parola fine alla carenza che si verifica ciclicamente nel nostro Paese.

Se si arrivasse a questo risultato, lo stabilimento di Firenze si potrebbe focalizzare di più sulla produzione interna, che potrebbe essere ampliata anche ad altre genetiche, che potrebbero essere vendute anche all’estero, generando un percorso virtuoso a livello economico e di ricerca. Oppure potrebbe lavorare come organismo di controllo sulla qualità della cannabis importata dalle aziende, lasciando a loro la logistica e la distribuzione. 

In tutto questo, mentre tutte le attenzioni sono state rivolte al decreto sul CBD, non si hanno più notizie della manifestazione di interesse diretta alle aziende italiane interessate a diventare produttori di cannabis, con una capacità di 500 kg l’anno che andrebbero poi conferiti allo Stabilimento di Firenze. 

A fine febbraio 2023 erano state selezionate le 6 aziende che avrebbero avuto accesso alla fase 2, con un verbale pubblicato sul sito del ministero della Difesa. Sarebbe dovuta seguire la fase 3, che prevede la conferma della manifestazione d’interesse e la trasmissione degli inviti alla procedura ristretta e infine la fase 4, che prevede l'avvio della sperimentazione con valutazione finale e giudizio di idoneità degli Operatori Economici, ma ad oggi non sono state comunicate ulteriori notizie. 

31 ottobre 2023
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