Gli atleti chiedono all'agenzia mondiale antidoping di togliere la cannabis dalle sostanze proibite

Gli atleti chiedono all'agenzia mondiale antidoping di togliere la cannabis dalle sostanze proibite

Più di 150 atleti, dei quali alcuni in pensione ed altri ancora in attività, hanno chiesto all'agenzia mondiale anti-doping di eliminare la cannabis dalla lista delle sostanze proibite. Soprattutto per le gestione dello stress e del dolore che la sostanza può assicurare.

Tra i firmatari della lettera inviata tramite Athletes for CARE, organizzazione che sostiene la ricerca sulla della cannabis per trattare problemi di salute, c'è Mike Tyson, che oggi coltiva cannabis nel suo ranch in California, il ciclista Floyd Landis e gli ex calciatori americani Jake Plummer e Ricky Williams.

Ne ha dato notizia l'agenzia Reuters spiegando che la WADA, l'agenzia mondiale antidoping, definisce la politica sulle droghe per gli sport olimpici. "Chiediamo anche ai fan di mostrare il loro supporto online tramite la nostra petizione di Change.org.", ha dichiarato Anna Symonds, rappresentante dell'organizzazione e giocatrice di rugby.

La petizione chiede espressamente che il THC, il principale ingrediente attivo della cannabis, venga rimosso dalla lista. "Abbiamo trovato una migliore qualità della vita attraverso cannabis e cannabinoidi naturali, compresi significativi benefici terapeutici e di benessere, e questi aspetti positivi dovrebbero essere liberamente disponibili per tutti gli altri atleti", si legge nella lettera.

Quella per l'uso della cannabis per gli atleti, è una battaglia iniziata anni fa nell'NFL, la lega dei giocatori di rugby, dopo che diversi giocatori avevano denunciato l'abuso di oppiacei a cui vanno incontro i giocatori per tenere sotto il controllo il dolore derivato da botte e infortuni, chiedendo invece di poter utilizzare la cannabis.

Per Eugene Monroe, primo giocatore attivo della NFL ad aver chiesto di poter utilizzare la cannabis per curare dolore ed infortuni, “la NFL conta molto sugli oppioidi affinché i giocatori tornino in campo il prima possibile, ma gli studi scientifici hanno dimostrato la marijuana medica può essere una soluzione di gran lunga migliore; è più sicura, dà meno dipendenza e può anche ridurre la dipendenza da oppiacei. Alcuni studi hanno dimostrato, inoltre, che il cannabidiolo (CBD) – uno degli più di 100 cannabinoidi presenti nella marijuana – può funzionare come un neuroprotettore, il che significa che può proteggere le cellule del cervello da lesioni o degenerazione. Abbiamo bisogno di imparare di più su questo”.

Anche se più squadre giocano negli Stati in cui la marijuana medica è legale, l’uso della sostanza rimane vietato ai sensi del contratto collettivo della NFL, che in passato ha preso in considerazione la possibilità di cambiare il regolamento, senza mai arrivare a una decisione definitiva.

 

26 giugno 2019
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