Lettera aperta di un medico qualunque: "Cari colleghi, abbiate il coraggio di essere Liberi"

Lettera aperta di un medico qualunque: "Cari colleghi, abbiate il coraggio di essere Liberi"

Riportiamo qui sotto la lettera aperta del dottor Simone Fagherazzi, giovane medico che collabora con il nostro sito rispondendo alle domande che ci vengono inviate dai pazienti che chiedono informazioni di varia natura sulla cure mediche con la cannabis, e che di recente ha intrapreso in viaggio in Asia per approfondire le proprie conoscenze in materia. La lettera è stata pubblicata dal dottore sul proprio sito www.dikesalute.com, dal quale potete seguire il viaggio del dottor Fagherazzi intrapreso per approfondire le proprie conoscenze in materia e per aiutare le persone bisognose che incontra sul proprio cammino, con una premessa:
"Questa è una lettera aperta a tutti i miei colleghi, io ho il mio pensiero ma sono aperto a tutti i tipi di discussione quindi per chiunque di loro volesse confrontarsi su qualche argomento in particolare mi può scrivere tranquillamente una mail ed io cercherò di dare la mia risposta".

Simone FagherazziDottori!!
Con questa espressione voglio rivolgermi a tutti quelli che lo sono già ma anche, e forse soprattutto, a quelli che lo stanno per diventare o che vogliono diventarlo in un prossimo futuro.

Mi chiamo Simone Fagherazzi e sono un vostro collega, mi sono laureato in Medicina e Chirurgia nel 2013 con 110/110 e lode, Tesi in Ginecologia ed Ostetricia, “biomarcatore he4 nelle lesioni preneoplastiche e neoplastiche dell’endometrio”.

Da molto tempo conosco e utilizzo la Cannabis Terapeutica, dapprima su me stesso e, in seguito anche per i miei pazienti.
In questa mia lettera vorrei esprimere tutta la mia disapprovazione per l’ignoranza che regna tra i membri della nostra classe in questo ambito. Dopo molte riflessioni, sono giunto però alla conclusione, che questa non è una ignoranza incolpevole bensì reca seco il fardello del “non voler vedere” le nuove possibilità terapeutiche a nostra disposizione per i pazienti.

Prima di passare a delle considerazioni che voi considerate di tipo “filosofico” (e quindi inutile) vorrei esporre brevemente quelle, invece, di tipo “puramente scientifico” (e quindi meritevoli di ragionamento). I Cannabinoidi sono conosciuti sin dal 1964 grazie alle scoperte del Prof. Mechoulam, una ventina di anni dopo, circa, si è scoperto che queste sostanze agiscono su un sistema ontogeneticamente vecchio di 600 milioni di anni e quindi appartenente a tutto il regno animale e, forse, non solo.

Le funzioni che sottendono a questo nuovissimo e vecchissimo allo stesso tempo, sistema fisiologico ancora sconosciuto, sono a dir poco onnicomprensive degli apparati e dei sistemi dell’essere umano. Si sono viste, infatti, implicazioni in quasi tutti gli ambiti conosciuti della medicina. Per quanto riguarda il campo che mi concerne, non posso dire di non essere rimasto basito quando, studiando, ho potuto apprendere come il sistema Endocannabinoide sia necessario alla riproduzione animale, essendo, infatti, la sua età molto antica, l’evoluzione ha fatto si che non vi potesse essere un mantenimento della specie senza questo sistema in omeostasi.

Dal punto di vista botanico, la Cannabis Sativa (lascio le discussioni Tassonomiche a chi è più competente di me, io mi limito ad indicare questa pianta con il nome di maggior utilizzo nella cultura tradizionale) è una pianta eterozigote e produce un insieme di sostanze che vengono denominate come “fitocomplesso Cannabinoide” attualmente le sostanze caratterizzate sono più di 600 tra cui più di 120 tipologie differenti di cannabinoidi. Ogni pianta ha il suo particolare fitocomplesso e difficilmente troviamo una pianta uguale all’altra, anche se appartenenti allo stesso “strain”. Come nell’essere umano la pianta produce il suo “carattere”, difficilmente, troviamo due persone con il carattere identico in tutti i suoi tratti, possono essere molto simili ma mai uguali, questa è la natura dell’essere umano perché la natura di una pianta dovrebbe essere imbrigliata entro sue banalizzazioni?

Al giorno d’oggi viviamo un’epoca figlia del Proibizionismo degli anni ’20 che ha condotto ad una radicalizzazione del concetto, per la Cannabis, di Droga d’Abuso. La radicalizzazione di questo concetto è talmente profonda che non ci poniamo più nemmeno il dubbio che non lo sia, limitandoci ad accettare quello che ci viene detto e che viene dato come assodato dalla maggior parte dei nostri colleghi. Ed è proprio questo il problema. Non siamo più abituati a pensare liberamente in Scienza e Coscienza. Siamo, senza rendercene conto, addormentati dalla soluzione certa che altri hanno stabilito al posto nostro, spesso, inoltre, non sappiamo nemmeno con che criteri sia stata condotta una determinata sperimentazione. Solitamente è sufficiente che sia pubblicata su un giornale scientifico rilevante o da un professore di calibro rinomato. “se lo dice XXXX allora deve essere giusto” quante volte ho sentito questa frase e quante volte sono rimasto deluso dalla persona che la pronunciava.

La scienza, come la intendete “voi custodi del corpo umano”, è il metro di misura con cui un medico, al giorno d’oggi, si raffronta sia con il paziente che con il proprio simile. Quello che ci siamo dimenticati è che al nostro cospetto abbiamo delle PERSONE, e non dei clienti, esattamente identiche a noi, che soffrono, gioiscono e che, spesso, hanno paura. Esattamente come noi sono un caleidoscopio di emozioni e di reazioni alla vita che il medico spesso tende ad ignorare considerandole come non influenti. A mio avviso, si perde di vista il punto principale ed è per questo che non ci accorgiamo che la paura del nostro paziente è anche quella di noi stessi, ABBIAMO PAURA DI SBAGLIARE e per non fare questo ricorriamo al più semplice dei metodi, la DELEGAZIONE DI RESPONSABILITÀ’. Il delegato? La Scienza.

Sulla Cannabis ho sentito di tutto e di più ma quello che mi rammarica è che, molti colleghi, parlano dell’argomento senza nemmeno sapere di cosa si tratta, si riempiono la bocca di termini altisonanti come delta9tetraidrocannabinolo, Cannabivarina, Cannabidiolo… spesso però queste parole si riferiscono a parti infinitesimali della pianta mentre si perde di vista l’interezza di questo regalo di Madre Natura.

Camminando per i sentieri di montagna, nel parco nazionale del Langtang, in Nepal ho visto piantine di Cannabis dappertutto (in alto foto originale su strada in direzione villaggio Chillimè). La natura non si può imbrigliare, non si può costringere, la Natura si può solo comprendere. Per comprendere bisogna ammettere di non sapere, con umiltà. E come fate, quindi, a comprendere la Natura se PROVARE quello che è il suo effetto vi fa così tanta paura? Come potete essere convinti che la Cannabis sia una droga pericolosissima se non ne conoscete a fondo le azioni?

Tutta la discussione che si sta alzando nella classe medica nei confronti di questa sostanza non vi mette qualche dubbio? Se i pazienti a gran voce chiedono questo tipo di rimedio, non potrebbe essere che sia perché ne vedono i reali benefici sulla loro patologia e non perché vogliono tutti sballarsi come dei tossici?

Ad un osservatore esperto, però, non si può nascondere come questa discussione sia incentrata sul tema “la cannabis terapeutica fa bene, quella ricreazionale fa male” quanta ignoranza in questa affermazione, quanta poca onestà intellettuale e poco coraggio viene nascosto dietro a quella che sembra una presa di posizione giusta e rispettosa dei lenti passi della scienza.

Cari colleghi, non esiste una distinzione tra uso medico e ricreativo perché, utilizzare questa pianta, per chi soffre (indipendentemente dalla causa, che può anche non essere prettamente fisica), ha un risultato che per “il sistema” è considerato stupido ed inutile quando non dannoso, GUARISCE. Nella vostra mente è stato ben radicato il concetto che la Cannabis sia una delle più pericolose droghe d’abuso e che sia una necessaria droga di passaggio per quelle più pesanti, ebbene, io ho utilizzato Cannabis per tutto il mio percorso universitario ed oltre, non mi sembra che i miei risultati denotino una diminuzione della rendita intellettiva.

Quello che non prendete in considerazione, cari colleghi, è che le potenzialità di questa pianta vanno ben oltre i semplici effetti chimico-fisici che cercate disperatamente con i vostri esperimenti. Questa strada non può portare ad altro che a perdersi nel dedalo di molecole chimiche e di relazioni tra esse. A me pare lapalissiano (ma forse non lo è così tanto) che se una pianta così complessa, che agisce su un organismo così complesso come l’essere umano, viene ridotta semplicemente ai suoi due principi attivi più conosciuti, si stia commettendo una ENORME DISONESTA’ INTELLETTUALE. La motivazione che sottende alla perseveranza di questa considerazione credo non possa essere altro che la paura.

Fa paura infatti considerare l’essere umano nella sua interezza, é troppo complesso, si preferisce, invece, considerarne le parti, molto più facili da gestire e da comprendere, questo è il grande rammarico che ho verso la medicina moderna e che ha fatto si che la abbandonassi. L’uomo viene considerato come parti singole che interagiscono tra di loro mentre la sua considerazione di insieme è andata perduta.

La cannabis è una pianta, gli studi dimostrano come sia molto basso (ed i dati sono ancora discutibili) il rischio di sviluppare una dipendenza e come sia fisiologicamente impossibile sviluppare un overdose. Il nostro organismo possiede, in ogni sua cellula la possibilità di produrre e di distruggere questa sostanza. I timori “medici” sono quindi a mio avviso infondati.

L’unica ragione che ho trovato alla difesa strenua dei suoi potenziali rischi è di tipo economico. Stanno producendo Capsule Micronizzate con all’interno Cannabis triturata, bustine da thè con lo stesso prodotto e derivati farmaceutici di ogni tipo. La motivazione di fondo è che se si ammette un rischio di assunzione si ammette intrinsecamente anche la necessità di ricorrere al consiglio di un medico, questo comporta solitamente, per il paziente, un esborso di denaro nemmeno contenuto, per il medico, di conseguenza, un’ottima fonte di guadagno, ho sentito storie su professori molto importanti la cui parcella era di 200 euro per nemmeno 10 minuti di visita, la ricetta era ripetibile solo per 3 volte e poi il paziente doveva tornare dal professore con la stessa somma! Io questo lo vedo come sfruttamento della sofferenza più che come un tentativo di alleviarla in modo sincero.

Colleghi, per concludere con la frase dell’inizio, non abbiate paura e siate coraggiosi, la Cannabis non è una sostanza pericolosa se usata nella sua forma naturale di pianta ma quello che è più importante, a mio avviso, è, siate d’aiuto sincero a tutti i pazienti affinché, come tutti gli altri esseri umani, possano riacquistare quel diritto che ci è stato estirpato nel 1920 ovvero quello di avere ognuno la propria pianta di Cannabis, esattamente come abbiamo quella di Rosmarino, di Basilico o di Salvia.

Vi lascio con un ultima considerazione su cui spero rifletterete, l’interazione tra la pianta e l’essere umano è del tutto analoga a quella tra due esseri umani, immaginate, se vi costringessero a vivere con un compagno di stanza che vi sta profondamente antipatico, la vostra qualità di vita sicuramente ne risentirebbe, analogamente con la Cannabis, finchè ci ostineremo a voler somministrare ai nostri pazienti piante “standardizzate” e trattate con raggi Gamma, difficilmente riusciremo ad ottenere i risultati che si otterrebbero se il paziente, rendendosi responsabile della propria cura, piantasse crescesse e raccogliesse la propria medicina. È forse questo che manca alla scienza medica?

Il meccanismo malato (a mio avviso) della Evidence Based Medicine, tende a relegare il paziente in una posizione di inferiorità intellettuale rispetto al medico ed è questo che fa delegare al secondo le decisioni senza che il primo abbia possibilità di veto. Quello che forse la scienza si è dimenticata è che è il paziente ad essere affetto dalla patologia ed è quindi lui che dovremmo ascoltare con più attenzione. I “lavori scientifici” dei professoroni, davanti alla sofferenza umana, dovrebbero passare in secondo piano.

Cari colleghi, non abbiate paura, uscire dal sistema, in fondo, non è poi così male.
Saluti da Katmandu.

Simone Fagherazzi - Fonte: www.dikesalute.com

29 marzo 2016
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