Lo “strano” rapporto tra coronavirus e cannabis terapeutica

Lo “strano” rapporto tra coronavirus e cannabis terapeutica

Pubblichiamo di seguito un articolo a cura di Greg Taylor, CIO di Purpose Investments, società che ha portato in Europa il primo ETF sulla cannabis terapeutica - The Medical Cannabis & Wellness UCITS ETF (CBDX) - presente sullapiattaforma white-label di HANetf.

Dopo il mese di marzo, caratterizzato da un calo diffuso dei mercati, quello di aprile e di maggio hanno visto i titoli della cannabis terapeutica in recupero. La cannabis è uno dei pochi settori in cui si stima che i profitti crescano nel corso dei prossimi anni, avvicinandosi ai massimi stabiliti nel 2019.

Da un lato, questa veloce ripresa è spiegata dalle aperture normative che hanno riguardato il settore. Durante i mesi di lockdown, infatti, la cannabis terapeutica ha ottenuto lo status di bene di prima necessità in molti Paesi, come Stati Uniti e Regno Unito, il che ha permesso ai pazienti di continuare a ricevere i prodotti a base di cannabidiolo (CBD) di cui necessitavano. Questo ha fatto sì che le attività commerciali e le aziende produttrici risentissero in modo minore della crisi, complice anche il fatto che la distribuzione online è la più gettonata per il mercato dei prodotti a base di CBD e che essa non solo non si è mai arrestata ma è cresciuta esponenzialmente in questo periodo.

Sempre senza attraversare la Manica, i dati raccolti da Alphagreen.io e aggiornati da Cannabis Health mostrano come la domanda abbia iniziato a crescere significativamente di pari passo alle chiusure imposte dal lockdown, arrivando a registrare come consumatori più di 8,4 milioni di britannici con una spesa complessiva che ha superato i 155 milioni di sterline nei primi mesi dell’anno. Le ragioni riportate per questa crescita senza precedenti sono semplici: i disturbi d’ansia legati alla reclusione forzata per contenere il virus si sono diffusi in tutta la nazione, avendo come conseguenza o come compagna nella diagnosi la difficoltà a dormire o a riposare correttamente.

Un’ulteriore spinta che potrebbe portare ad un uso più su larga scala della cannabis terapeutica nei prossimi anni è il Project Twenty21, ovvero il primo registro europeo di pazienti che fanno uso della sostanza a scopo terapeutico. Lanciato nel Regno Unito a novembre 2019, intende arrivare a contare 20mila pazienti entro il 2021 per attestare la tollerabilità ed efficacia della cannabis attraverso lo studio della più ampia porzione di individui mai monitorata. Lo scopo finale è quello di dimostrare ai decisori politici che la cannabis terapeutica andrebbe resa facilmente disponibile.

Infatti, attualmente, circa 1,4 milioni di persone in UK sono costrette a ricorrere alla cannabis “da strada” per curare malattie croniche diagnosticate a livello medico. Molte aziende che producono cannabis a scopo terapeutico hanno aderito al progetto, tra cui Khiron Life Sciences Corp, i cui prodotti possono quindi essere prescritti dai medici che partecipano al programma.

Esiste poi un altro mercato per la cannabis terapeutica, molto meno noto, quello degli animali da compagnia. Negli Stati Uniti il prodotto che ha fatto registrare una crescita esorbitante nella distribuzione e nelle vendite è stato proprio il cannabidiolo (CBD) per gli animali domestici. Uno studio Nielsen del dicembre 2019 ha evidenziato che il 57% dei negozi specializzati in prodotti per
animali da compagnia negli USA vende prodotti a base di CBD, anche se la Food and Drug Administration non ha ancora fornito le linee guida per il consumo della sostanza negli animali.

Uno dei motivi principali di questa grande diffusione è che i veterinari conoscono di più l’esistenza dei prodotti a base di CBD rispetto ai loro corrispettivi medici e li prescrivono nel trattamento di alcune sintomatologie. Molti animali condividono globo stesso sistema Endocannabinoide di noi umani, che regola ed equilibra vari processi nel corpo, tra cui anche la risposta immunitaria. Le cure a base di cannabis, di facile somministrazione agli animali sotto forma di gocce o oli, non si limitano a contrastare problemi relativi all’umore ma sono efficaci anche nei casi di artrite e artrosi o come eventuali palliativi nel trattamento dei tumori.

L’aspetto positivo principale che emerge da questi sviluppi è la convalida della sostanza e del benessere dato dal cannabidiolo, visto sempre più come elemento che promuove la salute e il benessere dei pazienti, a due o quattro zampe.

Vale poi la pena menzionare uno studio preliminare sviluppato su suolo canadese legato al nuovo coronavirus. L’Università di Lethbridge ha ipotizzato che alcuni estratti della cannabis possano lavorare di concerto alle proteine per bloccare i punti di accesso principali che il virus usa per entrare nel corpo umano. Se lo studio facesse passi avanti in questa direzione non si limiterebbe ad essere una soluzione all’ulteriore diffusione della pandemia ma darebbe il via anche a un’espansione senza precedenti del settore farmaceutico che opera sui prodotti derivati dalla cannabis. In ogni caso, lo studio dimostra il potenziale farmaceutico che potrebbe venire dall’ulteriore analisi dei cannabinoidi che sono stati tenuti lontani dai laboratori per decenni.
Questo fattore, insieme ai precedenti, potrebbe favorire la fruttuosa crescita del settore che è stata avviata negli ultimi tempi.

Greg Taylor, CIO di Purpose Investments

20 luglio 2020
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