Che cos'è il microdosing di cannabis? E per quali patologie potrebbe essere utile? A queste e altre domande risponde l'esperto farmacista Matteo Mantovani
Negli ultimi anni si è fatto sempre più strada un approccio alternativo all’utilizzo terapeutico di cannabis: il microdosing. Questo termine, già noto nel mondo della psichedelia per l’uso controllato di LSD o psilocibina a dosi sub-percettive, sta ora guadagnando attenzione anche nel campo della cannabis medica, in particolare per i pazienti che cercano sollievo da sintomi cronici senza effetti psicoattivi rilevanti. Ma può davvero il microdosing di cannabis sostituire o affiancare in modo efficace i farmaci tradizionali?
Cos’è il microdosing di cannabis?
Il microdosing consiste nell’assumere quantità molto ridotte di THC, CBD o del fitocomplesso completo, in genere ben al di sotto della soglia psicoattiva, ma sufficienti per attivare il sistema endocannabinoide. L’obiettivo non è “sentire gli effetti”, ma ottenere benefici terapeutici sottili ma costanti nel tempo, minimizzando effetti collaterali e tolleranza.
In termini pratici, un microdosaggio può variare tra 0,5 e 2,5 mg di THC, spesso associato a CBD, con modalità di somministrazione diverse (olio sublinguale, vaporizzazione, capsule a rilascio controllato).
Perché il microdosing sta attirando così tanto interesse?
I motivi sono diversi:
- Effetti controllati: l’assenza di euforia o alterazione dello stato mentale è spesso preferita da chi deve lavorare, guidare o semplicemente non vuole sentirsi “sballato”.
- Riduzione degli effetti collaterali: meno ansia, meno sedazione, meno tachicardia rispetto ai dosaggi convenzionali.
- Miglior tollerabilità a lungo termine: evita l’accumulo di tolleranza, il che significa che il paziente può usare la terapia più a lungo senza dover aumentare le dosi.
- Integrazione con altri trattamenti: può essere combinato con terapie farmacologiche, fisioterapiche o nutrizionali per un effetto sinergico.
Cosa dicono gli studi?
La letteratura scientifica sul microdosing di cannabis è ancora in fase iniziale, ma i dati preclinici e osservazionali sono promettenti. Alcuni esempi:
- In uno studio su pazienti oncologici con dolore cronico, dosi molto basse di THC (1-2 mg) si sono dimostrate altrettanto efficaci nel migliorare la qualità del sonno e ridurre il dolore rispetto a dosi più alte, con minori effetti indesiderati.
- Altri studi hanno mostrato un miglioramento dell’umore, della concentrazione e della produttività in soggetti sani che praticano microdosing a base di CBD e THC in basse proporzioni.
- Nella gestione dell’ansia, della fibromialgia e del dolore neuropatico, il microdosing sembra modulare in modo delicato ma significativo il tono del sistema nervoso.
Per quali patologie può essere utile?
Il microdosing non è adatto a tutte le condizioni, ma può rappresentare una valida strategia in:
- Dolore cronico lieve-moderato.
- Disturbi del sonno.
- Ansia e stress lieve.
- Sindrome premestruale e menopausa.
- Disturbi dell’attenzione o affaticamento mentale.
- Disturbi gastrointestinali funzionali (colon irritabile, nausea funzionale).
Molti pazienti si avvicinano al microdosing per ridurre o sostituire farmaci convenzionali come ansiolitici, antidepressivi, miorilassanti o FANS. Tuttavia, è importante sottolineare che:
- Non sempre è possibile una sostituzione totale, soprattutto nei casi più severi.
- L’efficacia è spesso molto soggettiva, e richiede un periodo di osservazione e aggiustamento delle dosi.
- Il microdosing non è ancora una terapia standardizzata, e andrebbe sempre impostato da un medico esperto in cannabis terapeutica.
Conclusioni: promessa o illusione?
Il microdosing di cannabis non è una panacea, ma rappresenta un’opzione terapeutica interessante e ancora poco esplorata. Per molte persone potrebbe significare una via di mezzo tra la terapia farmacologica classica e il benessere naturale, in particolare in un’epoca in cui si cerca sempre più di ridurre la medicalizzazione e restituire autonomia al paziente.
Affinché diventi una reale alternativa ai farmaci tradizionali, serviranno studi clinici ben progettati, accesso a preparazioni standardizzate, e una formazione medica sempre più aggiornata.
Ma una cosa è certa: il microdosing è un segnale chiaro che il futuro della cannabis terapeutica sarà sempre più personalizzato, preciso e responsabile.