Uno studio francese su oltre cento bambini con epilessia resistente mostra che il cannabidiolo riduce le crisi e migliora aspetti cognitivi e motori, con buona tollerabilità fino a 18 mesi
Il cannabidiolo (CBD) si sta affermando come una delle terapie più promettenti per i pazienti con epilessia farmacoresistente, una condizione che colpisce circa un terzo delle persone affette da epilessia e che non risponde ai comuni farmaci antiepilettici. Negli ultimi anni il CBD ha ottenuto l’approvazione ufficiale per alcune forme rare e gravi, come la sindrome di Dravet, la sindrome di Lennox-Gastaut e la sclerosi tuberosa. Ma la sua utilità sembra andare ben oltre questi casi: lo dimostra un nuovo studio pubblicato su European Journal of Neurology, che ha valutato l’efficacia e la sicurezza del CBD nella pratica clinica quotidiana, con un follow-up fino a 18 mesi.
Lo studio: oltre cento bambini seguiti nel tempo
La ricerca ha coinvolto 103 pazienti pediatrici con epilessia farmacoresistente, seguiti in un centro francese specializzato. Circa metà dei bambini rientrava nelle indicazioni ufficiali del farmaco, mentre l’altra metà lo assumeva in modalità off-label, quindi al di fuori delle patologie approvate.
I caregiver sono stati intervistati a 1, 2 e 6 mesi, riportando dati su frequenza e durata delle crisi, ma anche su aspetti non direttamente legati alle convulsioni: comunicazione, attenzione, abilità motorie. I ricercatori hanno poi valutato la cosiddetta “retention rate”, cioè la percentuale di pazienti che hanno continuato la terapia con CBD nel tempo.
Meno crisi e migliore qualità della vita
Già dopo un mese di trattamento, oltre la metà dei pazienti ha mostrato una riduzione significativa della frequenza e della durata delle crisi epilettiche. La percezione positiva dei caregiver è stata chiara: il 62% ha riferito un miglioramento complessivo.
A 2 e 6 mesi i benefici sono stati confermati, con circa il 48% dei bambini che ha mantenuto un calo delle crisi. Ma i dati forse più interessanti riguardano gli aspetti non strettamente epilettici: il 60% dei pazienti ha visto migliorare le capacità comunicative, il 54% i livelli di attenzione e il 44% le abilità motorie. Un segnale che il CBD non agisce solo sulle convulsioni, ma può contribuire a migliorare l’intera sfera neurologica e cognitiva dei piccoli pazienti.
Sicurezza e tollerabilità a lungo termine
Il CBD si è confermato ben tollerato, con un profilo di sicurezza considerato accettabile per tutto il periodo osservato. La continuità di assunzione è stata alta: il 97% dei bambini era ancora in terapia dopo il primo mese, il 90% dopo due, l’82% dopo sei. A 12 mesi la retention è scesa al 66% e a 18 mesi al 55%, un dato comunque significativo per un trattamento di lungo corso in una popolazione pediatrica complessa e fragile.
Curiosamente, i pazienti in uso off-label hanno mostrato una maggiore aderenza alla terapia rispetto a quelli in indicazione ufficiale, così come i maschi e coloro che hanno iniziato il trattamento in età più avanzata.
Cosa ci dicono questi dati
Pur con i limiti di uno studio osservazionale — assenza di gruppo di controllo, valutazioni basate sui report dei caregiver e mancanza di dettagli sui dosaggi — i risultati sono incoraggianti. Confermano che il CBD può rappresentare un’opzione terapeutica utile e ben tollerata non solo nelle sindromi rare approvate, ma anche in altre forme di epilessia resistente ai farmaci.
Per i ricercatori la strada è chiara: servono studi randomizzati e controllati per consolidare queste evidenze, definire meglio i dosaggi e valutare con precisione le interazioni con altri antiepilettici. Ma questo lavoro, radicato nella pratica clinica quotidiana, offre una prospettiva concreta su come il CBD possa cambiare la vita dei pazienti epilettici e delle loro famiglie.