Le morti per overdose da oppiacei negli Stati Uniti continuano a crescere. Più di tre su cinque morti a causa di overdose causato da sostanze stupefacenti hanno a che fare con un oppioide. I casi di overdose da oppiacei, compresi quelli da prescrizione, sono più che quadruplicati dal 1999 uccidendo più di 28.000 persone nel 2014. Oltre la metà di queste morti erano casi di pazienti con regolare prescrizione medica di sostanze oppiacee.
Mentre la cannabis ha causato zero morti nei millenni in cui è stata utilizzata ogni anno secondo il CDC il Center for desease control and presentino americano) ogni giorno in media muoiono 142 americani a causa di abusi da oppiacei. Una epidemiache può trovare anche nella cannabis una possibile argine.
Negli stati dove la cannabis è legale sono sempre di più i clienti che si rivolgono alla cannabis per diminuire o eliminare l’uso e l’abuso dell’oppio e i suoi derivati.
In Colorado alcuni ricercatori statunitensi provenienti da diverse università (University of North Texas School of Public Health, University of Florida, e Emory University) hanno appena pubblicato sull’ultimo numero della rivista American Journal of Public Health uno studio con l’obiettivo di studiare l’eventuale associazione tra la legalizzazione della cannabis ad uso ricreativo e le morti connesse all’uso di oppioidi. hanno esaminato la situazione in Colorado dal 2000 al 2015 per confrontare i cambiamenti rispetto alle morti mensili correlate all’uso di oppioidi prima e dopo che lo stato americano ha legalizzato la cannabis ricreativa. Il risultato, confrontato anche con gli stati vicini, è significativo: non solo la curva di aumento tendenziale di morti si è arrestata in Colorado, ma ha cominciato a diminuire. A seguito della regolamentazione legale della vendita e dell’uso di cannabis in Colorado si è determinata infatti una riduzione di morti connesse all’uso di oppiacei pari a 0,7 morti al mese. Una diminuzione del 6,5%.
Uno studio del 2014 pubblicato sul JAMA Internal Medicine e condotto dai ricercatori della Perelman School of Medicine dell’Università della Pennsylvania ha esaminato il tasso di decessi causati da overdose da analgesici oppiacei tra il 1999 e il 2010. I risultati rivelano che, in media, i 13 Stati americani che hanno autorizzano l’uso di cannabis terapeutica, dopo aver emanato le leggi, hanno avuto un tasso del 24,8% più basso riguardo alla mortalità annuale per overdose da analgesici oppiaceirispetto agli Stati in cui la cannabis terapeutica è ancora illegale, mostrando che il trattamento può essere più sicuro per i pazienti affetti da dolore cronico causato da varie patologie.
Mentre in uno studio dell’anno scorso i ricercatori si sono accorti che il THC ha ridotto i gravi sintomi di astinenza da oppioidi e favorito un miglior trattamento della dipendenza. Nello studio, condotto presso la Columbia University di New York in doppio cieco su 60 pazienti nella clinica in cui erano sottoposti ad un trattamento di disintossicazione, un gruppo di 40 pazienti ha ricevuto 30 mg al giorno di THC (in forma di Dronabinoil) mentre i restanti 20 ricevevano una sostanza placebo. Secondo i risultati i sintomi di astinenza da oppioidi erano più bassi nel gruppo al quale veniva somministrato THC. Non solo: il 32% dei pazienti che fumava cannabis durante il trattamento aveva indici significativamente più bassi relativi ad ansia ed insonnia oltre al fatto di portare a termine più volentieri le 8 settimane totali dello studio.
Intanto in Canada la catena di dispensari Eden, che attualmente ha due sedi autorizzate e regolamentate a Vancouver e tre in Ontario, ha dato il via a un programma di sostituzione degli oppiacei. In collaborazione con Zach Walsh, psicologo clinico e professore associato di psicologia all’Università della Columbia Britannica (UBC), è possibile usufruire di questo servizio a titolo gratuito.
È necessario effettuare un colloquio preliminare dove il candidato per entrare nel progetto si sottopone ad alcune sedute volte a descrivere e catalogare il suo rapporto con gli oppiacei. Attraverso questi dati viene stabilito il dosaggio di THC necessario per aiutare ogni paziente nella terapia di uscita dalla dipendenza. I colloqui proseguono a cadenza settimanale per verificarne l’efficacia e valutare modifiche nei dosaggi.
Entrambi i dispensari di Vancouver hanno esaurito la disponibilità di posti all’interno dei progetti in pochi giorni, a riprova di quanto sia urgente il problema degli oppiacei. La diffusione è davvero immensa. Basti pensare che gli americani consumano l’80% dell’offerta mondiale di oppio. Anche in Italia molte persone con problemi di dipendenza dall’eroina hanno testimoniato come la cannabis può essere di grande aiuto come terapia di disintossicazione.
Ricordiamo che diversi studi scientifici pubblicati su riviste scientifiche prestigiose indicano la cannabis come un trattamento molto valido (spesso indicato in fascia A, la più alta, da usare come prima scelta) nel trattamento del dolore cronico e neuropatico.
In tutto questo in Italia, in totale controtendenza con quanto riportato qui sopra, nel decreto emanato dal ministero della Salute a fine 2015, si legge che gli oppiodi sono da preferire alla cannabis nel trattamento dell’analgesia nel dolore cronico. Citando il decreto, la cannabis è prescrivibile per “l’analgesia nel dolore cronico (con particolare riferimento al dolore neurogeno) in cui il trattamento con antinfiammatori non steroidei o con farmaci cortisonici o oppioidi si sia rivelato inefficace”. È una delle tante storture del decreto approvato a fine 2015, ma certamente una delle più significative.
Redazione di cannabisterapeutica.info