L’emicrania è una condizione clinica invalidante, molto diffusa nella popolazione in particolare negli individui sotto ai 50 anni e soprattutto nel sesso femminile.
L’attacco emicranico si caratterizza per una durata dalle 4 alle 72 ore e chi ne soffre in modo cronico può avere anche più attacchi al mese o alla settimana. E’ un dolore per lo più localizzato ad un solo lato della testa, pulsante e di intensità variabile. Può essere associato a nausea e vomito, fotofobia e fonofobia, ossia elevata sensibilità agli stimoli visivi e uditivi e da altri sintomi che ne precedono la comparsa, la cosiddetta aura.
Quando severa e frequente, l’emicrania può compromettere seriamente le normali attività quotidiane.
Cannabis ed emicrania: cosa dice la scienza?
Sia studi pre-clinici che studi retrospettivi e osservazionali hanno evidenziato che l’utilizzo della cannabis per l'emicrania come terapia medica può avere delle ottime potenzialità sia per il trattamento in acuto sia sulla prevenzione degli attacchi emicranici, potendo agire sia sulla frequenza che sull’intensità dei sintomi.
Questi benefici si sono osservati con la somministrazione di cannabis per via inalatoria che per via orale, con però delle differenze di efficacia e di tolleranza a seconda del preparato e delle percentuali di THC e CBD presenti nelle infiorescenze utilizzate.
Una delle teorie che giustifica il potenziale terapeutico dei cannabinoidi esogeni in questo è caso è quella di un deficit dei livelli degli endocannabinoidi o “Clinical Endocannabinoid Deficiency (CED)”, secondo la quale una carenza in particolare di Anandamide (AEA) è stata evidenziata in soggetti emicranici e non in soggetti sani e potrebbe quindi avere un ruolo nella patogenesi dell’emicrania. Questo dato coincide anche con la prevalenza femminile di questa diagnosi, in quanto nelle donne è presente una maggior attività dell’enzima che degrada l’Anandamide, ossia il FAAH.
Oltre alla terapia medica è necessario individuare i molteplici fattori ambientali che possono peggiorare l’emicrania, quali ad esempio: alimentazione, sonno, stress, stile di vita, familiarità, altre patologie e farmaci.
L'esperienza del medico
Nella mia personale esperienza posso riportare diversi casi in cui i pazienti in terapia con cannabinoidi in forma oleosa e/o inalatoria hanno ridotto significativamente il numero degli attacchi emicranici al mese e la loro durata, ricorrendo molto meno ad altre terapie sintomatiche che prima assumevano anche tutte le settimane (Fans, paracetamolo, difmetre…). L’efficacia dipende anche da una miglior qualità del sonno, un aspetto fondamentale per prevenire l’insorgenza dell’emicrania e su cui i cannabinoidi hanno un impatto positivo nella maggioranza dei pazienti.
Gli studi che stiamo prendendo in considerazione hanno dei limiti importanti e la ricerca deve ancora darci molte informazioni a riguardo, ma una terapia medica a base di cannabinoidi seguita da un medico esperto in questo ambito può portare ad ottimi risultati ed essere assolutamente ben tollerata, a patto che sia attentamente guidata e monitorata.
Dottoressa Valentina Florean, responsabile per il monitoraggio clinico di Clinn
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