Cannabis per il dolore neuropatico: "Una seconda possibilità di vita"

Cannabis per il dolore neuropatico: "Una seconda possibilità di vita"

Sono bastati 4 mesi di trattamento con la cannabis terapeutica ad una donna di 61 anni affetta da severo dolore neuropatico per farle esclamare che "le è stata data una seconda possibilità di vita" e vedersi descrivere dal marito come "una donna nuova", oltre a far scrivere ai ricercatori che, dopo 17 anni di trattamenti farmacologici che tenevano sotto controllo il dolore ma causavano diversi effetti collaterali significativi, è pronta ad interromperli.

Cannabis contro il dolore neuropatico: "Una seconda possibilità di vita"

Sono le rivelazioni contenute in un case study appena pubblicato su Drug Science, Policy and Law nei quali i ricercatori scrivono infatti che: "È possibile che questa paziente possa finalmente interrompere il trattamento con pregabalin, dopo oltre 17 anni, grazie alla cannabis terapeutica che controlla il suo dolore".

Il pregabalin è un farmaco antiepilettico e anticonvulsivante che viene utilizzato nel trattamento del dolore neuropatico centrale e periferico e che la paziente, affetta da neuropatia idiopatica delle piccole fibre, ha assunto in combinazione in momenti diversi con vari altri farmaci tra cui amitriptilina, duloxetina, lamotrigina, meloxicam e capsaicina topica, per un periodo di tempo di 17 anni per tenere sotto controllo il dolore neuropatico associato.

I ricercatori scrivono che: "Sebbene il suo dolore fosse relativamente ben controllato, la paziente riferiva perdita dell'udito, sonnolenza, acufene, confusione e peggioramento dell'ansia probabilmente come conseguenza dell'uso prolungato di pregabalin". Ma gli sforzi precedenti per ridurre il farmaco erano stati vani perché, sotto la dose giornaliera di 350 mg, il dolore tornava ad essere insopportabile.

Nel 2021, la paziente è stata arruolata nel Project Twenty21, il primo registro di cannabis medica del Regno Unito, e ha avuto la prescrizione per un estratto full spectrum di cannabis con 10 mg di THC e 15 mg di CBD, assunto con un quantitativo di 0,1-0,5 ml due volte quotidiano. Grazie a questo la paziente è riuscita a ridurre la sua dose giornaliera totale di pregabalin a 37,5 mg.

I ricercatori mettono poi l'accento sul fatto che in NICE (National Institute for Health and Care Exellence) raccomanda di offrire ai pazienti affetti da dolore neuropatico amitriptilina, duloxetina, gabapentin o pregabalin, da titolare in base alla risposta e alla tollerabilità, ma secondo i ricercatori "questo gruppo di pazienti è difficile da gestire e spesso finisce per assumere combinazioni di farmaci alle dosi massime, con conseguente aumento della frequenza degli effetti collaterali e delle interazioni farmacologiche".

"Spesso - continuano a scrivere - si manifestano anche problemi di tolleranza e dipendenza, inoltre, molti pazienti non traggono sufficienti benefici dai trattamenti raccomandati. Circa il 40%-60% dei pazienti allevia solo parzialmente il dolore con i regimi raccomandati. Il dolore associato alla neuropatia delle piccole fibre è particolarmente difficile da gestire e anche i farmaci considerati efficaci riducono l'entità del dolore solo del 20%-40%. Nel nostro caso di studio, alcune delle terapie consigliate erano efficaci, ma trattamenti prolungati ad alte dosi portavano a effetti collaterali inaccettabili per il paziente".

Insomma, secondo gli autori "La prescrizione di cannabis ha rappresentato per questa paziente una soluzione migliore rispetto ai farmaci precedentemente prescritti, alleviando i sintomi del dolore e contribuendo a risparmiare altri farmaci, riducendo così gli effetti collaterali intollerabili associati. A sua volta, la paziente ha potuto godere di una migliore qualità di vita". Ma fanno anche un passo in più sottolineando che "a quasi un quarto (24,9%) dei pazienti affetti da dolore cronico vengono prescritti sei o più farmaci ed è necessario riconoscere il valore della riduzione dei farmaci per questa coorte. Un numero crescente di ricerche accademiche suggerisce che le persone utilizzano la cannabis come sostituto dei farmaci da prescrizione, in particolare narcotici/opioidi".

Cannabis: il sollievo raccontato come "ripristino del sé"

Questo case study ci ha fatto tornare alla mente una altro studio di qualche anno fa, effettuato su un piccolo campione di pazienti tramite interviste, curato dalla ricercatrice Maya Lavie-Ajayi dell’ICQM, il Centro israeliano per la ricerca qualitativa per le persone e la società e dal dottor Pesach Shvartzman, medico del reparto di cure palliative dell’Università Ben Gurion e pubblicato su Pain Medicine. L’obiettivo era quello di analizzare l’esperienza soggettiva nel sollievo dal dolore che dà la cannabis e per farlo 19 pazienti sono stati curati sotto supervisione medica in una clinica israeliana.

Dall’analisi delle risposte sono emersi tre punti chiave: il primo è il “Soffio del sollievo” che descrive la sensazione corporale dell’uso della cannabis, incluso un senso di rilassamento e riduzione del dolore. Il secondo è il “Ritorno alla normalità”, che descrive l’effetto complessivo dell’uso della cannabis, inclusa una maggiore capacità di dormire, concentrarsi e “funzionare”. Il terzo sono gli “Effetti collaterali” dell’uso di cannabis.

Nelle conclusioni gli autori scrivono di aver suggerito “il termine ripristino del Sé per concettualizzare l’effetto della cannabis medica. Il ripristino del Sé è l’esperienza di riconquistare il senso di sé, il senso di normalità e il senso di sé nel controllo sulla propria vita”. Uno studio che spiega molto del perché, quando si parla di cannabis medica e dolore, la tematica sia spesso associata al miglioramento della qualità della vita.

Dolore cronico: in Usa un paziente su 3 utilizza la cannabis

Intanto negli Usa un paziente su tre con dolore cronico riferisce di usare la cannabis come opzione terapeutica e la maggior parte dei pazienti ha usato la cannabis come sostituto di altri farmaci antidolorifici, inclusi gli oppioidi.

Sono le conclusioni di un nuovo studio scientifico curato dai ricercatori dell’Università del Michigan e della Johns Hopkins University e pubblicato sul Journal of the American Medical Association (JAMA) Substance Use And Addiction una delle testate scientifiche dell’associazione dei medici americana (AMA).

E’ uno studio trasversale, basato sulla crescente mole di dati in letteratura scientifica che indica che i cannabinoidi possono servire come efficaci strumenti di gestione del dolore per alcune persone e come sostituti di alcuni farmaci e ha coinvolto i dati di 1.724 adulti di età pari o superiore a 18 anni che vivono in 36 stati da marzo ad aprile 2022.

31 marzo 2023
Altro da leggere
AttenzioneLe informazioni su questo sito sono presentate a solo scopo informativo, non possono costituire in alcun caso la formulazione di una diagnosi o la prescrizione di un trattamento. Pertanto non possono in alcun modo sostituire il rapporto medico-paziente o la visita specialistica. Leggi il Disclaimer