CBD: le composizioni orali sono un farmaco stupefacente

CBD: le composizioni orali sono un farmaco stupefacente

Il Tar ha respinto il ricorso al decreto del ministero della Salute

Il ricorso delle associazioni di settore della canapa industriale è stato respinto dal Tar, e quindi il decreto del ministero della Salute che inserisce le composizioni orali di CBD nell’elenco dei farmaci stupefacenti (tabella dei medicinali, sezione B) ed era stato sospeso in via cautelativa, entrerà in vigore.

Non sono dunque bastati i precedenti che avevano visto l’Oms dichiarare che il CBD non è uno stupefacente raccomandando che non fosse inserito in nessuna tabella a livello internazionale, e la sentenza della Corte di giustizia europea che aveva sancito che i prodotti a base di CBD di uno Stato membro devono poter circolare anche negli altri, e nemmeno le motivazioni delle associazioni ricorrenti: secondo il tribunale amministrativo il decreto - sostenuto dai pareri dell’Istituto Superiore di Sanità e del Consiglio Superiore di Sanità - è fondato e quindi il ricorso è stato respinto.

Decreto CBD: la sentenza del Tar

Secondo la sentenza il rischio sarebbe quello della possibile interazione del THC con il CBD motivo per cui “il provvedimento adottato risulta appropriato, sulla base del principio di precauzione volto a scongiurare i rischi potenziali per la sanità pubblica e per la sicurezza senza dover attendere che sia pienamente dimostrata l’esistenza di THC in tutte le preparazioni e la conseguente effettiva situazione di dipendenza”.

Il tema, secondo la sentenza, sarebbe dunque quello “delle proprietà e delle reciproche interazioni delle sostanze effettivamente contenute nelle composizioni per somministrazione ad uso orale contenenti CBD ottenuto da estratti di cannabis, per le quali non è mai possibile escludere effetti psicotropi “sia perché vi sono evidenze contrastanti sull’attività psicotropa del CBD stesso, sia comunque perché quando il CBD è estratto dalla pianta di cannabis non è possibile avere un estratto di CBD puro””, mette nero su bianco la sentenza riportando il parere del Consiglio Superiore di Sanità.

Il punto di partenza è che “nel caso di estrazioni dalla pianta (e non di produzione “artificiale” in laboratorio) oltre al CBD residuano sempre percentuali di altre sostanze tra cui il THC e altri cannabinoidi”, ed è “dalla interazione del CBD con il THC, che derivano i rischi paventati in termini di accumulo di THC nel sistema nervoso centrale”.

E quindi, secondo il Tar, il provvedimento adottato risulta appropriato, “sulla base del principio di precauzione volto a scongiurare i rischi potenziali per la sanità pubblica e per la sicurezza senza dover attendere che sia pienamente dimostrata l’esistenza di THC in tutte le preparazioni e la conseguente effettiva situazione di dipendenza”.

Viene inoltre precisato che la sentenza non riguarda la molecola di CBD di per sé, ma le “composizioni per somministrazione ad uso orale di CBD ottenuto da estratti di cannabis. Di qui la rilevanza del rilievo in ordine alla impossibilità di ottenere (quando il CBD viene estratto dalla pianta di cannabis sativa e non ottenuto sinteticamente in laboratorio) un estratto di CBD puro, vale a dire del tutto privo di THC e di qui, ancora, la rilevanza del tema delle possibili interazioni del CBD con il THC”.

Ricordiamo ai pazienti che il CBD, nelle sue diverse forme di dispensazione (oli, capsule, etc…), è comunque disponibile in farmacia, a questo punto dietro presentazione di ricetta medica.

16 aprile 2025
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