Scoperto da un team italiano, il CBGD apre nuove prospettive nella ricerca scientifica sulla cannabis e nei possibili usi terapeutici
Dopo THC, CBD e molti “cannabinoidi minori”, un gruppo di ricercatori dell’Università degli Studi di Milano ha isolato per la prima volta il composto noto come cannabizetolo (CBGD) — un cannabinoidedimerico, raro e chimicamente affascinante.
Cosa rende speciale questo cannabinoide
Il cannabizetolo appartiene a quella ristretta classe dei “cannabinoidi dimerici”, cioè molecole composte dall’unione di due unità cannabinoidi tramite un ponte di metilene. Questo tipo di struttura chimica conferisce proprietà biologiche molto più accentuate rispetto ai monomeri da cui deriva. Nel caso del CBGD, gli studi in vitro hanno evidenziato una azione antiossidante e antinfiammatoria “notevole”, superiore a quella di un dimero simile già noto, il cannabitwinolo (CBDD).
Potenziale terapeutico
Gli esperimenti condotti hanno riguardato cellule della pelle e vie infiammatorie legate a stress ossidativo cutaneo: i risultati suggeriscono che il cannabizetolo potrebbe diventare un ingrediente innovativo per cosmetici naturali o trattamenti dermatologici. Tuttavia, è importante sottolinearlo: siamo ancora nella fase preclinica. Non ci sono - al momento - studi clinici sull’uomo che ne confermino la sicurezza e l’efficacia terapeutica.
Ogni volta che emerge un nuovo cannabinoide con profilo farmacologico differente, si amplia lo “spazio chimico” utile alla ricerca: significa più opzioni, più modulazioni biologiche e potenzialmente più strumenti per trattamenti su misura. Gli autori dell’articolo sottolineano che tra i tanti cannabinoidi ancora sconociuti potrebbero essercene alcuni con “potenziale biologico di grande interesse”.
Nel contesto della terapia con cannabis, questo significa che non si tratta più soltanto di “THC e CBD”, ma di una vera esplorazione molecolare che potrebbe dare risposte nuove su infiammazione, pelle, metabolismo e oltre.
Le scoperte precedenti
Tra il 2019 e il 2021, un altro gruppo di ricercatori italiani guidati dal chimico Giuseppe Cannazza e dal farmacologo Livio Luongo avevano portato alla luce due nuove classi di cannabinoidi mai identificate prima.
La prima è quella derivata dal THCP, psicoattivo e oltre 30 volte più attivo del THC dal puntto di vitsa farmacologico, con una scoperta raccontata direttamente su Scientific Reports. Nel 2021, invece, era stata la volta del THCH e dei suoi omologhi, tanto che il professor Cannazza ha definito la cannabis come “una piccola industria che possiamo dirigere verso patologie specifiche, a seconda della composizione”.


















