Nonostante le parole e il tavolo tecnico annunciato, ad oggi non c'è nessuna novità per la patente dei pazienti
Per ora le rassicurazioni sulla tutela della patente per i pazienti che usano cannabis per trattare le proprie patologie, restano solo parole.
Le prime sono quelle pronunciate dal ministero dei Trasporti, tramite un comunicato, che ha anticipato l'apertura di un tavolo tecnico per risolvere la questione insieme ad altri ministeri, come quello della Salute. La sola espressione "tavolo tecnico" ha scatenato le reazioni più disparate, visto che l'ultimo, messo a punto anni fa per cercare di risolvere le criticità da sempre presenti nel settore, dopo le riunioni iniziiali, non era stato più convocato nonostante le insistenze delle associazioni di pazienti e dei medici presenti.
Ad ogni modo, secondo Salvini, "Non vi è nessun divieto assoluto per queste persone", intendendo i pazienti, e spiegando che le forze dell'ordine valuteranno caso per caso. Insomma, non è di certo una garanzia di tranquillità.
Attualmente nessuna norma protegge i pazienti
Anche perché, come stanno le cose, l'ha ribadito il vicequestore della Polizia Alessandro Abruzzini, che al Messaggero ha infatti sottolineato che: "Attualmente non ci sono norme che consentano agli agenti di polizia di trattare diversamente chi assume stupefacenti per uso terapeutico, come la cannabis prescritta per la terapia del dolore. Un certificato medico, pur essendo rilevante, non garantisce un'esenzione immediata dalle conseguenze legali".
Ecco come stanno le cose: i pazienti non hanno nessuna tutela, nonotante per mesi e mesi abbiano fatto esplicite richieste perché era chiaro che si sarebbe arrivati a questa situazione. Ed ecco spiegato perché la presidente dell'Associazione Pazienti Cannabis Medica Elisabetta Biavati sottolinea: "È umiliante dover spiegare le proprie condizioni di salute agli agenti, non sono personale medico. Chiediamo l’introduzione di un codice sulla patente o certificati che proteggano privacy e dignità". Poi aggiunge: "Le sanzioni previste dal Codice sono discriminatorie e colpiscono persone che non rappresentano un pericolo effettivo".
Test non uniformi
A queste problematiche, se ne aggiunge un'altra: i test forniti a polizia e carabinieri sarebbero differenti, con la possibilità che diano unque risultati diversi.
La denuncia arriva da Meglio Legale con la portavoce Antonella Soldo che ha raccontato che: "Analizzando i bandi di approvvigionamento per i test antidroga, abbiamo scoperto che carabinieri e polizia utilizzeranno due sistemi diversi. Questo significa che, a seconda di chi effettuerà i controlli, si potranno ottenere risultati divergenti, senza un criterio unico di riferimento".