Andare oltre il singolo farmaco per trattare il dolore nella sua complessità
"Nel 1979, la IASP (International Association for the Study of Pain), dà una definizione di dolore come esperienza sensoriale ed emozionale negativa, associata ad un potenziale o effettivo danno tissutale. A distanza di 40 anni, la stessa IASP, ridefinisce il dolore tenendo in considerazione tre dimensioni interconesse dell'esperienza del dolore: la dimensione biologica, quella sociale e quella psicologica". Lo mette in evidenza la dottoressa Chiara Liberati, direttore sanitario di Clinn, per spiegare che: "Il dolore può quinndi incidere negativamente sulla funzionalità e sul benessere sociale e psicologico del soggetto. Da questa definizione si evince la necessità di un approccio multidisciplinare e integrato".
Trattare il dolore con un approccio integrato
Il motivo? "È necessario andare a lavorare a 360 gradi su tutti questi aspetti. E dunque non soltanto un approccio basato sul farmaco che lavora come soppressore del sintomo, bensì fare un lavoro integrato che significa avvalersi di più specialisti".
"Lo stesso algologo, il medico di medicina del dolore", continua la dottoressa, "deve avere nel suo bagaglio culturale più conoscenze di medicina integrata. Parliamo ad esempio della medicina tradizionale cinese, dell'omeopatia, dell'omeotossicologia, fino a uno dei fitocomplessi più studiati e di maggior interesse per la comunità scientifica, che è la cannabis terapeutica".
Nel paziente affetto da dolore, conlcude la dottoressa, "si inserisce ampiamente perché consente di approcciare al dolore tenendo in considerazione tutti gli aspetti che abbiamo menzionato".