In occasione della Giornata Europea per la Consapoevolezza del Dolore, un approfondimento su come la cannabis medica stia offrendo nuove prospettive terapeutiche e di sollievo ai pazienti con dolore cronico e neuropatico
Ogni 15 ottobre ricorre la Giornata Europea della Consapevolezza sul Dolore (European Pain Awareness Day), iniziativa promossa dalla Federazione Europea del Dolore (EFIC) e, in Italia, sostenuta dall’Associazione Italiana per lo Studio del Dolore (AISD).
Lo scopo della giornata è quello di portare attenzione alla sofferenza legata al dolore, una condizione ancora spesso trascurata o trattata in modo inadeguato, e di diffondere una maggiore consapevolezza sanitaria che riconosca il dolore come una vera e propria patologia, non semplicemente come un sintomo.
Il dolore cronico e i pazienti italiani
In Italia il dolore cronico rappresenta una vera emergenza sanitaria: ne soffre circa un quarto della popolazione adulta, oltre 10 milioni di persone, con una prevalenza maggiore tra le donne e gli anziani. Per decenni, il trattamento si è basato principalmente su farmaci tradizionali come antinfiammatori e oppioidi, efficaci nel breve periodo ma spesso gravati da effetti collaterali importanti, rischi di dipendenza e una scarsa efficacia nel lungo termine. Negli ultimi anni, la cannabis medica sta emergendo come una valida alternativa terapeutica nella gestione del dolore cronico, in particolare di quello neuropatico. Diversi studi e revisioni scientifiche internazionali mostrano che i cannabinoidi possono ridurre l’intensità del dolore e migliorare la qualità di vita dei pazienti, offrendo un profilo di sicurezza più favorevole rispetto agli oppioidi. Sebbene servano ulteriori ricerche per definire dosaggi e protocolli ottimali, l’esperienza clinica e la crescente evidenza scientifica confermano il ruolo promettente della cannabis nel trattamento del dolore cronico in Italia.
Cosa dicono gli studi
Una recente review pubblicata su Biomedicines analizza in modo aggiornato storia, meccanismi, efficacia, usi clinici e rischi dei cannabinoidi nel dolore cronico. Gli autori evidenziano come il dolore cronico rappresenti una sfida significativa per i trattamenti convenzionali e come gli oppioidi, pur efficaci, siano gravati da rischi di dipendenza, tolleranza e effetti collaterali.
L’evidenza più promettente è quella nel trattamento del dolore cronico o neuropatico: alcuni studi con cannabis inalata e meta-analisi suggeriscono che i pazienti ottengano riduzioni del dolore significative, fino al 30/40%. Anche per il dolore legato a patologie oncologiche si iniziano ad accumulare diverse evidenze, come quelle riportate in uno studio del 2023 o in un'altra pubbloicazione scientifica dello stesso anno che aggiunge anche miglioramenti cognitivi.
Stessa cosa per patologie che hanno tra i sintomi il dolore cronico e neuropatico, come ad esempio la fibromialgia (qui, qui e qui degli studi), o in patologie come il mal di schiena cronico, con due studi recenti pubblicati in materia (qui e qui).
Ci sono poi patologie come l’emicrania acuta e l’emicrania a grappolo, dove la cannabis, in diversi studi clinici, continua a dimostrare la sua efficacia senza particolari effetti collaterali.
Cosa dice l’esperienza clinica
L’esperienza clinica rafforza le indicazioni che arrivano dagli studi scientifici. Sia nell’esperienza dei medici, che in quella dei pazienti, si conferma come un farmaco in grado di ridurre il dolore senza particolari effetti collaterali, e soprattutto, nel migliorare in generale la qualità della vita, restituendo una vita dignitosa a persone che vivevano nella sofferenza costante.
"Sono molti ormai i lavori scientifici pubblicati che dicono che la cannabis ha un suo razionale nel trattamento del dolore", spiega ad esempio il dottor Marco Bertolotto, già primario del reparto di Cure palliative dell’ospedale di Pietra Ligure e co-fondatore di Clinn.
“Quando abbiamo un farmaco come la cannabis che agisce perché migliora l'ansia, riduce la depressione, migliora il sonno e riduce il dolore, il paziente si trova in una situazione in cui la qualità generale della vita è migliorata", racconta sottolineando che: "Non è poca cosa, è già tantissimo, perché quando non abbiamo le armi per curare - un dolore cronico, se andiamo alla causa, è irrisolvibile - nel momento in cui rendiamo la qualità della vita del paziente migliore, abbiamo fatto un grande lavoro".
"La cannabis – continua Bertolotto - anche a bassi dosaggi, fa questo. Quando un paziente dorme ha già risolto la metà dei suoi problemi. Però non riusciamo ad andare oltre forse perché in questo momento sono ancora troppi gli interessi economici in ballo. Sappiamo quanto il tema cannabis sia complesso perché ciò che deriva dalla natura fortunatamente non è brevettabile".
E dall’esperienza dei pazienti emergono considerazioni simili. L’anno scorso abbiamo raccolto diverse videotestimonianze di pazienti che utilizzano la cannabis per trattare le proprie patologie. La maggior parte erano proprio focalizzate sul dolore, e su come la cannabis abbia permesso loro di vivere una nuova vita.
“Non smetterò mai di ringraziare il medico che mi ha prescritto la cannabis”, spiega ad esempio Valeria, paziente fibromialgica e farmacoresistente, alla quale fa eco Stefania, che spiega come la cannabis l’aiuti a gestire il dolore e le abbia restituito il sonno. “Ho un’altra vita grazie alla cannabis, riesco a gestire il dolore”, spiega invece Emanuela, paziente affetta da neuropatia delle piccole fibre, mentre Carlotta racconta come la cannabis l’abbia aiutata ad andare oltre gli oppiacei e gi effetti collaterali associati. Per Elisabetta, la presidente dell’associazione Pazienti cannabis medica, “la cannabis dà una qualità della vita degna di essere vissuta”, mentre Federica, che soffre di artrite e fibromialgia, arriva a dire che “la cannabis terapeutica mi ha salvato la vita, letteralmente”.
I pazienti di Clinn: dati, formulazioni ed efficacia
Altre testimonianze significative arrivano dai dati dei pazienti di Clinn, che mostrano come la cannabis stia diventando una risorsa fondamentale nella gestione del dolore cronico.
"L'analisi condotta su circa 4mila pazienti rivela un dato significativo: il 49,74% utilizza la cannabis medica specificamente per trattare il dolore cronico, spesso dopo aver sperimentato altre forme di trattamento con risultati insoddisfacenti" spiegano da Clinn.
Ulteriori informazioni arrivano dai profili demografici di questi pazienti che rispecchiano le tendenze epidemiologiche del dolore persistente. "La fascia d'età over 65 rappresenta il 33,6% del totale, confermando come il dolore cronico sia una condizione che tende ad aumentare con l'avanzare dell'età, quando si accumulano condizioni degenerative, patologie infiammatorie e conseguenze di traumi o interventi chirurgici pregressi. Questi pazienti anziani, che spesso gestiscono multiple problematiche di salute e assumono diversi farmaci, trovano nella cannabis medica un'opzione terapeutica che può affiancarsi o, in alcuni casi, ridurre il carico di altre terapie farmacologiche".
La modalità di somministrazione più diffusa tra i pazienti Clinn è quella orale sublinguale, prescritta al 72% delle persone in trattamento per il dolore. Le formulazioni utilizzate variano in base al tipo di dolore trattato, a conferma che questa terapia richieda una personalizzazione attenta. Le formulazioni bilanciate, caratterizzate da un rapporto equilibrato 1:1 tra THC (tetraidrocannabinolo) e CBD (cannabidiolo), dominano nella maggior parte dei casi di dolore cronico.
Per il dolore acuto, come quello associato a emicranie e cefalee, i pazienti tendono invece a preferire formulazioni ad alto contenuto di THC assunte per via inalatoria.
Sull'efficacia raccontano che: "Il 65% dei nostri pazienti in trattamento ha registrato un miglioramento medio di almeno due punti sulla scala NRS (Numerical Rating Scale), lo strumento standard utilizzato in ambito clinico per valutare l'intensità del dolore su una scala da zero a dieci".
Infine, fanno notare che: "I benefici riportati dai pazienti non si limitano alla riduzione dell'intensità del dolore, ma si estendono a dimensioni interconnesse della salute. Molti pazienti riferiscono miglioramenti significativi dell'ansia, spesso compagna inseparabile del dolore cronico, che genera un circolo vizioso di tensione muscolare, anticipazione negativa e amplificazione della percezione dolorosa".